Gli alberghi diffusi: una realtà tutta italiana che piace particolarmente agli stranieri.
Nato dall’idea di utilizzare per scopi turistici le case vuote ristrutturate dopo il sisma del 1976 in Friuli, il modello di ospitalità di “albergo diffuso” è stato poi messo a punto dal docente di marketing turistico Giancarlo Dall’Ara e riconosciuto per la prima volta in Sardegna con la legge regionale n. 27 del 12 agosto 1998.
Andiamo ad approfondire il tema degli alberghi diffusi analizzandone caratteristiche, normative e best practices.
Cosa sono gli alberghi diffusi
Gli alberghi diffusi sono strutture ricettive a gestione unica che prevedono la presenza di più edifici vicini, situati a una distanza massima di 200 metri l’uno dall’altro. Si tratta di piccoli centri in cui è possibile alloggiare in camere disseminate qua e là, per un tipo di ospitalità che permette di vivere la quotidianità e le tradizioni del luogo. L’aggettivo “diffuso”, infatti, vuole sottolineare l’orizzontalità di questo modello, in contrapposizione alla verticalità degli alberghi più tradizionali. Spazio e tempo si dilatano, alla ricerca di calma, autenticità e relax.
I servizi offerti di fatto non cambiano, a cambiare è la loro dislocazione: la hall e la reception, per esempio, potrebbero trovarsi in una piazza o in un caffè, anziché in un più tradizionale salone. Ciò che contraddistingue davvero l’albergo diffuso rispetto a strutture ricettive ‘classiche’ come hotel o case vacanze, però, è proprio il concept alla base: la valorizzazione del territorio attraverso un’esperienza immersiva, in cui il contatto con abitanti, attività, usi e costumi del luogo permette al turista di vivere appieno la realtà di cui è ospite.
Una realtà tutta italiana
Storicamente gli alberghi diffusi nascono in seguito al sisma del 1976 in Friuli, dall’idea di utilizzare per scopi turistici le case vuote ristrutturate con i fondi pubblici per la ricostruzione post terremoto. Questo modello di ospitalità viene poi messo a punto dal docente di marketing turistico Giancarlo Dall’Ara e riconosciuto per la prima volta in Sardegna con la legge regionale n. 27 del 12 agosto 1998.
Un prodotto tutto italiano, dunque, quello dell’albergo diffuso, che in Italia nasce, cresce e – per ora – rimane per via delle sue caratteristiche uniche: piccoli borghi dotati di valore artistico, storico o paesaggistico, grosse limitazioni alle nuove costruzioni, volontà di rispettare il territorio e di fornire una vacanza esperienziale.
Dai borghi medievali abruzzesi ai villaggi nuragici sardi, in Italia gli alberghi diffusi incontrano sempre più favori, soprattutto nei centri più piccoli, perché forniscono un modello non solo di ospitalità ma anche e soprattutto di sviluppo territoriale, andando a creare un indotto di cui beneficia l’intera comunità e a contrastare lo spopolamento dei paesi.
Criteri e requisiti di un albergo diffuso
Le regioni italiane stabiliscono i propri criteri e requisiti per nuovi alberghi diffusi in maniera autonoma. Ogni regione quindi ha la sua normativa, in quanto ognuna ha creato regolamenti ad hoc per il proprio territorio.
In linea generale, però, per poter parlare di “albergo diffuso” è necessario mettere a disposizione per lo meno due edifici, situati a una distanza massima di 200 metri l’uno dall’altro, con la presenza di aree comuni per i propri ospiti (sale ricevimento, sale comuni, bar, punto ristoro). La struttura, inoltre, dovrà avere una gestione unica e di tipo professionale, un’identità definita e ben riconoscibile, e omogeneità dei servizi offerti.
È importante fare attenzione a non snaturare l’autenticità dei luoghi: le strutture che mantengono le caratteristiche tipiche della zona, oltre ad essere più sostenibili, acquisiscono valore aggiunto, perché più facili da pubblicizzare su siti proprietari e OTA.
Nella gestione di un albergo diffuso, è fondamentale avere un business plan. Gestire più edifici e – condizione frequente nel caso degli alberghi diffusi – più soci rende necessario dotarsi di uno strumento che consenta di avere una visione d’insieme di spese ed entrate fisse e variabili