Un nuovo approccio all’esperienza di viaggi – ne paliamo con Andrea Succi, Destination Manager e Coordinatore Turistico Territoriale.
Formatore, comunicatore, uomo di marketing: la sua è una figura poliedrica. Tra le sue qualifiche merita certamente un approfondimento quella di “Destination Marketing Manager per il Turismo Trasformativo e dell’Ospitalità ad approccio Partecipativo”. Approfondisca per noi.
Per far comprendere appieno la mia attività e su quali Valori si basa, partirei da una riflessione sull’anno appena trascorso.
La pandemia ha iniziato a scardinare questo modo di concepire il territorio e le comunità. Ci ha mostrato, da un lato, come i confini non esistano, dall’altro, quanto sia potente il valore della relazione umana.
Il campanilismo è da sempre radicato nel nostro modo di pensare.
In Italia si tende a ragionare per compartimenti stagni: ciò che esula dal mio comune, dalla mia struttura ricettiva, non è di mia pertinenza né di mio interesse.
Il fulcro del mio lavoro come Destination Manager è proprio quello di potenziare la relazione. Relazione tra ospite e ospitante certamente, ma prioritaria è la relazione tra le persone di un territorio, fra gli operatori, fra gli Amministratori ma, soprattutto, gli uni con gli altri.
Penso sia necessario considerare l’esperienza turistica come un momento trasformativo per entrambe le parti coinvolte, visitatori e comunità visitata. Ce la richiama, non a caso, l’etimologia di ospite – hospes – che comprende il concetto di reciprocità.
La reciprocità è l’essenza del Turismo Trasformativo. Creare un’esperienza di viaggio che possa arricchire e ampliare conoscenze e prospettive per ambo le parti e rappresenti un momento di scambio tra ospite e ospitante è il fulcro del mio lavoro.
Quali sono le potenzialità di questa forma di turismo per il comparto italiano?
Il Turismo Trasformativo è la soluzione a moltissime delle problematiche che affliggono il comparto, di più: è il turismo del futuro. Questo modo di concepire e strutturare l’esperienza di viaggio sarà vitale alla sopravvivenza e allo sviluppo di migliaia di destinazioni meno conosciute, dal potenziale altissimo e ora pressoché ignorate.
Dati alla mano: Il 70% dei comuni italiani ha meno di 5.000 abitanti. Parliamo di borghi di rara bellezza e unicità, quasi totalmente privi di strutture ricettive e ignorati dal turismo di massa, concentrato su politiche – insostenibili – di sfruttamento dei grandi poli attrattivi. Pensiamo, solo per fare qualche numero, ai 20 milioni di visitatori che hanno affollato Venezia o ai 7 milioni di visitatori del Colosseo ogni anno.
Lo sviluppo di questo 70% sommerso, “dell’Italia che non ti aspetti” può avvenire solo in ambito di Turismo Trasformativo, attraverso un approccio partecipativo che coinvolga le comunità locali nella loro interezza e crei una vera Cultura dell’Ospitalità.
Come si sviluppa la cultura dell’ospitalità? Perché è così fondamentale?
Prima di pensare a vivere il rapporto con il turista, è necessario fare un lavoro di formazione culturale sulla Relazione con cittadini, associazioni, operatori del comparto, amministratori locali. Il Destination Manager e il suo team tecnico sono, in questo ambito, le figure di raccordo tra le parti.
Si inizia sempre dal marketing territoriale, con incontri in-formativi e di disseminazione. Questi incontri coinvolgono l’intera comunità e vengono tenuti nei luoghi in cui sarà vissuta l’esperienza con gli ospiti: botteghe, piazze, agriturismi, mai in aula.
L’obiettivo finale di questo lavoro è migliorare la qualità della vita delle comunità locali: l’arrivo dell’ospite, per il principio di reciprocità citato prima, dovrà essere un momento di scambio e creazione di valore condiviso.
L’importanza di questo processo nasce dalla crescente esigenza di vivere la relazione con le comunità locali, conoscere il genius loci, ovvero l’anima di una destinazione. Tradizioni, costumi, ambiente; in poche parole, il talento di quel luogo. Far emergere l’unicità delle comunità locali è l’obiettivo primario del Destination Manager, e per aree più circoscritte, del “Coordinatore Turistico Territoriale”, figura che ho maturato rielaborando il mio lavoro sul campo.
Organizzare e dare concretezza ai vari elementi culturali delle comunità locali richiede soprattutto metodo. Per tale ragione ho strutturato il modello organizzativo GMT™che consente, in 5 passi, di ottimizzare e unificare il capitale sociale, intellettuale, relazionale ed economico di un determinato territorio.
Ci faccia degli esempi pratici.
Sono particolarmente legato al primo progetto sviluppato in tal senso nel lontano 2014 “ Emozioni Ceramiche” a Faenza, un programma di 11 giorni che unisce la conoscenza della ceramica artistica in bottega con un’immersione multisensoriale nel territorio della Romagna. In quel caso fu fatto un grande lavoro di raccordo tra Ente Ceramica e operatori locali con l’individuazione di nuovi sbocchi di mercato – tra cui, quello russo – definendo la Ceramica come driver di marketing territoriale.
Riportando un esempio più recente, in qualità di Destination Manager di Sardegna East Land, sono stato chiamato a creare e realizzare un Piano d’azione che “mettesse a terra” il Piano strategico del comprensorio di 74 comuni dell’area Nuorese e Ogliastra, creando la prima DMO nella storia dell’isola. In questo caso è stato creato un catalogo di prodotti turistici per tutto il territorio che a breve si potrà vedere on line.
Chi gestisce le strutture recettive, infatti, non vende camere, ma il “contorno”. Gli ospiti non cercano semplicemente un luogo confortevole dove dormire, quella non è la loro motivazione di viaggio. Per questo è fondamentale creare una raccolta di servizi ed esperienze da vivere tutto l’anno, un vero e proprio catalogo di prodotti, diversi per ogni stagione. Questo è un punto fondamentale: ogni esperienza proposta deve portare emozione, e l’emozione è multisensoriale. Così come gusti, profumi e sensazioni cambiano con le stagioni, così deve variare la nostra offerta. Concetti quali “allungare la stagione” e “destagionalizzare” non fanno parte del mio vocabolario. Ogni stagione ha le sue emozioni.
Quali, in definitiva, i vantaggi per le comunità che sposano questo nuovo approccio?
Occorre pensare al turismo come opportunità per migliorare la Qualità della vita delle Comunità locali governando tre indicatori: 1) curare la competenza per un Lavoro di qualità 2) essere agenti di sviluppo per strutturare le Relazioni interne ai territori 3) applicare l’approccio Partecipativo come metodo per migliorare la Coesione delle Comunità locali. Gli Ospiti (quindi tutti noi) cercano “semplicemente” questo!
Concludiamo con un accenno personale: qual è la sua filosofia di pensiero in campo lavorativo?
Faccio mio l’antico adagio di Confucio: “Sento e dimentico, vedo e ricordo, faccio e capisco”. Credo nel valore di mettersi in gioco e affrontare il cambiamento, di accettare il confronto e mettersi in discussione ma…“q.b.”, quanto basta.