Innovazione: questa settimana parliamo di un nuovo modo di fare impresa con Giulia de Martini, Head of Research @TheFabLab.
Iniziamo parlando di innovazione e impresa. Quali sono i trend più interessanti che ha visto emergere nell’ultimo anno?
R: Se parliamo di novità, ritengo che blockchain sia oggi una di grande fascino anche se di fatto ancora molto poco esplorata e dal destino incerto. Gode dell’interesse dei media perché in pochi la capiscono, è un po’ misteriosa e fa grandi promesse. Potrebbe rivelarsi molto interessante per l’Italia e in particolare per il Made in Italy nella moda nel design e nell’enogastronomia: blockchain è infatti in grado di tracciare qualunque bene e garantirne l’originalità. Detto questo però sono convinta che il trend più interessante rimanga l’IoT (Internet of Things ossia Internet delle Cose). Proprio quest’ultimo anno ci ha insegnato quanto sia necessaria un’integrazione fluida tra mondo fisico e mondo digitale. Le imprese che sapranno interpretare al meglio la possibilità di raccogliere dati per tradurli in informazioni e quindi prodotti e servizi per il mercato avranno vinto la scommessa del prossimo decennio.Come cambierà il modo di fare impresa? A cosa non potremo rinunciare e cosa, invece, diventerà obsoleto? Quali processi di cambiamento sono in atto?
R: Nell’ultimo anno siamo forse stati esposti a troppa tecnologia e siamo un po’ provati da questa corsa alla digitalizzazione. Questo mi porta a dire che sia come professionisti sia come cittadini non rinunceremo mai alla dimensione umana. Le imprese cercheranno allo stesso tempo tecnici sempre più specializzati da una parte e, dall’altra, professionisti attenti alle dinamiche umane che un robot non saprà mai sostituire: empatia, creatività, inventiva, pensiero laterale. La tecnologia deve esserci, ma nascosta e capace di sostituire tutte quelle attività che non portano nessun valore alla relazione umana. Faccio un esempio: all’arrivo in un hotel l’ospite effettuerà un check-in del tutto automatizzato, senza code o burocrazie, con tutto il tempo per fare due chiacchiere con l’albergatore sulle mete più interessanti da visitare nei dintorni. L’esperienza diverrà il vero centro dell’offerta.Il suo lavoro la pone a diretto contatto con le più innovative realtà emergenti italiane. Ci segnali qualche Start Up che dovremmo tenere d’occhio nei prossimi anni.
R: TheFabLab ovviamente! Scherzi a parte, è importante tenere sotto controllo quelle startup che offrono prodotti e servizi innovativi senza preoccuparsi della rigida distinzione tra settori industriali. A TheFabLab noi favoriamo questo approccio sperimentale mettendo a disposizione le nostre competenze e le nostre tecnologie di fabbricazione digitale per la realizzazione di prototipi. Vi suggerisco di venire a fare un giro in uno dei tanti Talent Garden distribuiti su tutta Italia e non solo (il nostro laboratorio ha sede a Milano proprio in uno di questi). Intorno a questi campus gravitano le startup più interessanti del panorama italiano con forte focus sul digitale. C’è molto da imparare: troverete imprenditori e imprenditrici con la voglia di sperimentare nuove soluzioni. E poi occhi bene aperti sulle startup for benefit e a quelle che stanno riprogettando completamente i sistemi produttivi in modo sostenibile. Prima tra tutte Eatour e la sua agricoltura verticale con sistemi idroponici per coltivare frutta e verdura a metro (avete capito bene, non chilometro!) zero.La crisi dell’ultimo anno ci ha imposto, e mostrato, un nuovo modo di lavorare e vivere la città. Abbiamo riscoperto l’importanza del verde pubblico così come di legami più profondi a livello comunitario. A suo avviso, forti e della lezione appresa, come si evolveranno le città italiane? Quali principi guideranno costruzione e riqualificazione delle aree urbane nei prossimi anni?
R: Da molto tempo seguo tutte le proposte che riguardano il modo di innovare le città. Ho la fortuna di vivere a Milano dove ho potuto osservare miglioramenti continui e dove ancora si sta lavorando molto. Quello che abbiamo imparato nell’ultimo anno è che la città non è indispensabile per il 100% del lavoro o meglio per un certo tipo di lavoro. Rimarranno centri nevralgici per il business, ma per valorizzare il contatto, la socialità e le relazioni. Architetti e urbanisti dovranno lavorare in questa direzione e raccogliere una sfida importante. Allo stesso tempo mi auguro che le nostre magnifiche città d’arte sappiano cogliere l’occasione di trasformarsi in luoghi di ospitalità diffusa e innovativa. Abbiamo un patrimonio inestimabile da valorizzare.Com’è l’approccio delle imprese del nostro paese all’innovazione? Siamo veramente così indietro rispetto ad altri stati oppure non sappiamo valorizzare quello che invece c’è?
R: Il problema non è né la preparazione né la voglia delle imprese italiane di fare innovazione, ma un sistema normativo e governativo che non promuove abbastanza processi virtuosi. Il piano Impresa 4.0 del Ministero dello Sviluppo Economico ha saputo intercettare i bisogni di molte grandi aziende, ma c’è ancora molto da fare per le PMI che non sempre riescono a trovare l’energia di attivazione sufficiente per innovare e innovarsi. Rimango però fiduciosa: siamo stati la culla del rinascimento, abbiamo un sistema scolastico che – nonostante tutto – è ancora ai vertici mondiali, abbiamo l’arte, la scienza, i paesaggi, i vini e i piatti migliori del pianeta: insomma, abbiamo tutte le carte in regola per essere protagonisti della prossima rivoluzione!Potrebbe interessarti...
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