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Dopo il grande successo del webinar “Le Neuroscienze dell’ospitalità: il viaggio nella mente dei turisti” approfondiamo la tematica in compagnia di Andrea Bariselli, neuroscienziato, divulgatore e CSO Thalea.
Neuroscienze, una materia complessa quanto affascinante. Come spiegherebbe il suo ambito di ricerca, in poche parole, a chi ne sente parlare per la prima volta?
Le neuroscienze applicate sono un insieme di tecniche che ci aiutano a comprendere come funziona il nostro cervello in relazione agli stimoli che provengono dal mondo esterno. Per dirla con una metafora, quando usiamo strumenti come l’EEG (elettroencefalogramma), è un po’ come se, durante una partita, posizionassimo dei microfoni sopra ad uno stadio per sentire i cori dei tifosi.
Parliamo di neuroscienze applicate al settore del turismo: quali sono le reali potenzialità per il comparto?
Sono moltissime: in prima battuta mi viene da dire che rappresentano uno strumento insostituibile per comprendere a fondo cosa davvero passa nella testa dei propri ospiti. In seconda battuta, la nostra capacità di analisi e correlazione oggi ci porta a costruire modelli predittivi efficaci: dati alcuni elementi, possiamo costruire le esperienze ed i modelli di viaggio sapendo con anticipo quali saranno gli output emotivi delle persone.
Entriamo più nel dettaglio: quali sono gli strumenti impiegati nelle rilevazioni?
Lo strumento principe per noi è l’elettroencefalogramma, il quale si combina con un complesso sistema di analisi di matrici dati che provengono dall’ambiente, dalla frequentazione, dall’attitudine dei clienti. Questo va a creare un database dell’esperienza umana davvero articolato. Gli esseri umani sono estremamente affascinanti nelle loro dinamiche, ma anche molto complessi da comprendere.
Ci faccia partecipe di qualche case history di successo.
Mi viene spesso da citare il caso di una compagnia aerea di successo per la quale lavoriamo da diversi anni, con loro abbiamo fatto un progetto davvero enorme per comprendere tutta l’esperienza passeggero e modificare sia l’interno della cabina dei velivoli, sia tutti i passaggi pre e post volo, in funzione dell’ottenimento della sensazione di comfort. 
In base ai suoi studi e a beneficio dei nostri lettori, riesce a tratteggiare il profilo del viaggiatore post- covid?
Credo che nulla sarà più come prima. Da un lato l’attenzione che i viaggiatori porranno alla qualità anziché alla quantità sarà molto più alta: la maggior parte di noi ha compreso il valore del tempo e di quanto sia fondamentale “allargare” la vita, anziché cercare di allungarla. Dall’altro, il tema ambientale sarà predominante. Per tantissime persone in questo anno e mezzo la Natura è stata l’unica medicina possibile per i mali dell’anima e così facendo si è risvegliato l’antico legame che ci connette all’ambiente. Nessuno ne farà più a meno e cercheranno questa esperienza e questa attenzione anche nei loro soggiorni. 
L’esperienza del lock down globale può essere definita un trauma collettivo? Che modifiche apporta al nostro cervello un evento di tale portata? 
Difficile prevederlo ora, ma per certo niente passa inosservato. C’è però da dire che il nostro cervello è una macchina straordinaria, è alloplastico (ovvero in grado di creare poco a poco delle difese contro gli influssi nocivi dell’ambiente – purché questi lascino all’organismo il tempo necessario per crearle – capace di trovare sempre una via per risollevarsi. È il “regalo” di migliaia di anni di evoluzione in ambiente naturale, si chiama adattamento. Chi si adatta sopravvive e io credo che questo possa rappresentare, se ben articolato, un passo evolutivo importante per noi sia dal punto di vista culturale che sociale.  Dipenderà da tutti noi.

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