Sentiamo spesso parlare di intelligenza artificiale e realtà aumentata, finendo per avere più familiarità con i vocaboli che con la tecnologia stessa.
L’innovazione, così come ce la prospetta il marketing, è dietro l’angolo o ancora una chimera? Lo chiediamo a Gianmarco Boggio, Imprenditore e Dirigente nei settori TLC, Realtà Aumentata e Software.
Iniziamo parlando dell’Italia e di cultura del cambiamento. Ci dia la sua opinione: siamo un paese di innovatori o tendiamo a restare legati a dinamiche obsolete?
Dipende dal settore di cui si parla. Sicuramente siamo i migliori nella moda e nel design. Per quanto riguarda le tecnologie siamo invece degli utilizzatori e non dei creatori, come tali non siamo tra gli innovatori.
Se consideriamo l’interezza della cultura del cambiamento siamo comunque un popolo reticente, tendiamo ad aspettare che si verifichi altrove una situazione analoga, a vederne i risultati e poi a decidere se adottarla o meno.
Chi fa meglio di noi a livello internazionale?
Tanti, purtroppo.
Noi siamo stati e siamo, al di là del momento storico, un popolo di benestanti. Ci sono sempre differenze tra nord e sud e abbiamo anche noi i nostri problemi, ma a livello di sicurezza, sanità e risparmio siamo tra i popoli con le migliori aspettative sul pianeta.
Partendo da questo presupposto si capisce perché non sentiamo, da molto tempo, la necessità di re-inventarci o migliorarci. Né è un classico esempio che quando uno straniero parla di cibo, l’italiano medio fa spallucce, come chi ne sa più di chiunque altro: sarà verissimo, ma se non sai argomentare o comunicarlo agli altri, è come se questa verità nella realtà non esistesse.
Per concludere, guarderei all’Asia: da tempo immemore vogliono avere un’immagine di élite, sia in Europa che in USA, ed è quindi da decenni che fanno tutto all’insegna del cambiamento, a volte declinato in un “imitare per migliorare”, altre invece, reinventando completamente qualcosa.
Robot, realtà aumentata, AI: come sta cambiando il marketing turistico in Italia?
Per adesso direi che sta cercando di farlo.
Nella domanda stessa ci sono vocaboli che solo ora stanno entrando nel settore. La Svizzera sta introducendo la blockchain (Heidi BlockCHain Saint Gallen Uni) per far fronte alla tassa turistica in modo automatizzato e trasparente per tutte le parti, senza che ci sia più amministrazione da parte del ricevente né compensazioni amministrative di fine mese; lo fanno senza clamore, perché ne è intrinseco il vantaggio.
In Italia anche chi scrive di blockchain sbaglia spesso l’ambito o la tecnicità dietro al funzionamento, come potrebbe il mercato recepirla?
AI, AR e robotica possono portare vantaggi enormi, solo se è lo Stato a promuoverla per le imprese private e solo insegnando alla popolazione le reali dinamiche dietro le terminologie. Se è però per primo lo stato a non avere la cultura, è come sedersi davanti ad un professore che chiede allo studente se può preparagli lui la lezione. L’imprenditoria privata sta cercando di colmare questi gap introducendo la formazione ancor prima della proposizione tecnologica. “Solo chi capisce usa e fa con sapienza” – questo, nel gruppo di imprenditori che rappresento – è un mantra.
Quali sono le possibilità concrete di esposizione fornite dalle nuove tecnologie e che tipo di investimento economico richiedono? In poche parole: esistono – o esisteranno a breve – soluzioni già alla portata di piccole strutture ricettive e realtà turistiche minori?
Oggi, tramite le tecnologie, possiamo essere in qualsiasi parte del pianeta ed in qualsiasi momento della giornata. Potenzialmente le opportunità sono infinite. Questo vuol dire poter portare il proprio business, la propria idea o il proprio progetto ovunque abbia un senso.
Non è più neanche un discorso meramente economico, ogni strato/dimensione societaria ha strumenti che servono allo scopo. Per fare qualche esempio: se le multinazionali mappano e costruiscono casi sulle clientele tramite Salesforce od Oracle usando strumenti Google e Linkedin, anche la piccola azienda può ottenere risultati simili.
Creare un sito multilingue, renderlo visibile sui social, verificare le statistiche per sapere chi lo visualizza e da dove, a quali argomenti si è interessato non è oggi spesa che normali aziende non possono sostenere.
Ci sono poi quelle cose chiamate “wow effect” che, per loro natura, sono poco economiche poichè ancora non di massa e perché ancora in fase di rientro da investimenti. Sono tutte quelle tecnologie che, una volta adottate dalle grandi aziende, iniziano a diminuire di prezzo e, pian piano, ad essere adottate dai più. Esempi pratici sono le pagine Facebook, che ora fan parte anche dei piani di investimenti di società italiane quando, per anni, sono state snobbate o reputate inutili.
Stiamo, quindi, per rispondere alla domanda iniziale: cominciamo a cambiare, lo facciamo però molto lentamente e partendo dal fondo (cioè da quello che ci sentiamo sicuri funzionerà e che, in caso contrario, ci è costato poco come errore). Non siamo ancora nel giusto mood di rischiare investendo, creando noi un nuovo standard (e, come popolo, ne saremmo più che capaci, date le nostre intrinseche caratteristiche).
Concentriamoci sulla realtà aumentata. La tecnologia che, più di altre, può dare un’impronta fortemente creativa e immersiva al marketing turistico. Ci illustri qualche case history di successo.
Ci sono alcuni comuni che la stanno implementando, sia nel nord est che nel sud. Lo stanno facendo nell’ottica di restituire le bellezze del tempo dell’Impero Romano alle persone che vivono nel nostro secolo.
Gli effetti sono entusiasmanti: stranieri e non messi di fronte, tramite AR, agli archi romani che furono, alle loro avveniristiche terme, alle fogne che resistono da millenni oppure che, vicino a Mantova, visitano i luoghi cari al vate Virgilio e ne capiscono quindi meglio le scritture e le influenze subite durante la vita.
Ci sono poi gli eventi che con la realtà aumentata diventano planetari, perché fruibili ovunque. Nelle ultime settimane, per esempio, stiamo gestendo una galleria d’arte per pittori che sta riscuotendo un enorme successo, sia lato artisti che utilizzatori. Alcune opere sono anche state oggetto di richiesta di acquisto, portandoci a creare un market place a latere della Mostra stessa.
Non da ultime, le soddisfazioni dal mondo del gaming e dell’incentive: da un lato un gioco in AR che permette ai più giovani di coltivare ovunque si trovino e, tramite questo, imparare il ciclo delle stagioni e della mietitura, dall’altro cacce al tesoro in AR che hanno lo scopo di premiare l’impegno o la partecipazione attiva in qualsiasi sua forma.
Chiudiamo con una riflessione. In un settore in cui interazione e coinvolgimento incidono fortemente sull’esperienza finale del cliente, non esiste il rischio concreto che le nuove tecnologie vadano ad impattare negativamente sulla componente umana?
Una domanda tanto interessante quanto impossibile da rispondere. Come dire che le foto via app scattate in vacanza hanno ucciso il nostro rapporto con le cartoline (che per l’ultima generazione non sono mai esistite).
Sono ormai 32 anni che mi occupo di tecnologia 24 ore al giorno e non l’ho mai percepita come una minaccia, forse perché, sviluppandola, ne ho sempre definito i confini secondo i miei principi.
L’affermazione dietro alla domanda però, cioè che la tecnologia uccide il rapporto umano, mi è stata ultimamente ripetuta con più frequenza che mai. Personalmente non riesco a rimaner serio, è come se le persone mi dicessero che il loro telefono/tablet/wearable li ha minacciati in caso di non utilizzo.
Certo, anche le auto erano state inventate per facilitare i nostri spostamenti ed in qualche modo ci hanno resi schiavi della loro natura o aspetto, non è questo un errore di progettazione in realtà? L’auto è e sarà utile, bisogna ripensarne le metodologie. Lo stesso sta capitando con la tecnologia, alcuni inventano e mettono a disposizione strumenti atti a velocizzare od ottimizzare un processo/servizio, questi devono avere un’implementazione etica da tutti i punti di vista.
Così nel turismo: AI/AR e quant’altro hanno lo scopo di promuovere un posto e muoiono nel momento stesso in cui il turista si presenta in quel luogo ed inizia ad interagire con i proprietari, la guida turistica e il territorio in generale. Allora ne saremo totalmente padroni, le innovazioni saranno al nostro servizio e ci aiuteranno negli affari e nella vita privata lasciandoci – si spera vivamente – il tempo di vivere la famiglia e gli amici come mai prima.